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PESCATA AL LAGO SAN CLEMENTE
Il lago di San Clemente si trova in provincia di Firenze, vicino a Rignano sull’Arno ed ha una superficie di circa 50000 mq, la profondità media si aggira sui 4 metri.
E’ situato a pochi km dalla sede dell’azienda Colmic e, vista l’elevatissima taglia media del pesce presente nel lago, viene utilizzato come “pista di prova” dai tester dell’azienda quando devono sottoporre a collaudi in pesca particolarmente gravosi canne ed altre attrezzature prodotte o distribuite dall’azienda. Nel lago sono presenti principalmente carpe ed Amur oversize (è infatti difficile imbattersi in esemplari di peso inferiore ai due chili), ma anche pesci gatto nostrani (Ictalurus melas), gatti americani (Ictalurus punctatus), carassi, enormi temoli russi (H. molitrix) e persici sole.
Nella stagione estiva, la migliore per pescare a San Clemente vista l’abbondanza di ciprinidi di taglia, la tecnica più redditizia è il feeder, con l’utilizzo di particolari pasturatori, ovvero i method spiombati. Nonostante questo bacino sia uno dei posti migliori per praticare il waggler fishing sulla lunga distanza e la pesca a roubaisienne a galla col bigattino, da alcuni anni la tecnica che riscuote maggiore gradimento da parte dei pesci è proprio quella col “method spiombato”. Questo particolare feeder è un pasturatore semplicissimo, quasi sempre autocostruito dagli stessi pescatori tramite l’unione di un pezzo di vetta in carbonio di 6/7 cm di lunghezza a 4 fascette da elettricista: ne risulta un feeder leggerissimo sul cui corpo modelleremo una palla di pastura. Quest’ultima non dovrà essere di qualità pregiata o con aromi particolarmente pungenti, ma deve avere una meccanica perfettamente adeguata allo scopo, ovvero che consenta di essere lanciata a parecchie decine di metri pressata sul corpo di un feeder, ma che riesca ad aprirsi appena toccata l’acqua e durante la calata verso il fondo. Per questo scopo sono molto adatte le pasture dolci ed economiche, vagliate a secco per privarle di semi ed altre particelle grossolane, bagnate un paio di volte a distanza di una ventina di minuti l’una dall’altra ed infine vagliata di nuovo. Le pasture da method invece, composte perlopiù da miscele di ottime fishmeals a grana finissima poco si addicono al nostro scopo: esse infatti, se è vero che possiedono un potere attirante molto maggiore rispetto alle comuni pasture dolci, grazie proprio alla loro composizione ed alla ridottissima granulometria, se pressate al punto giusto si disintegrerebbero durante la fase di lancio sotto la trazione che imprimiamo al pasturatore con la nostra feeder rod; viceversa se pressate in modo da garantire una adeguata resistenza al lancio, al momento di toccare l’acqua e durante la calata non si disgregherebbero adeguatamente, andando giù fino al fondale come sassi, vanificando in tal modo tutta la nostra azione di pesca. Dovremo pescare con una canna adeguata ai lanci a lunga distanza, (diciamo dai 13′ in su), con un mulinello a bobina larga e piuttosto veloce nel recupero, adeguatissimi i modelli “big pit” di dimensioni comunque adatte al feeder. Mettere in bobina un trecciato è spesso la soluzione migliore, con uno shockleader di morbido nylon di diametro mai inferiore allo 0,25; consigliabile anche l’introduzione di un modulo ammortizzante in Power Gum o Feeder Gum di libbraggio superiore a 10. Il terminale sarà lungo tra i 10 ed i 15 cm in nylon di diametro adeguato (0,22/0,25 mm); riguardo all’amo è consigliabile montarne uno da carpe ad occhiello, di misura n° 8 o 10, su cui innescheremo, grazie all’hair rig, un chicco di mais oppure una miniboile.
Dopo il lancio, che effettueremo più lungo possibile, non faremo altro che seguire il feeder nella sua lenta calata verso il fondo, non mettendo neanche il quiver in tensione: ci basterà recuperare qualche giro di manovella di filo prima che esso tocchi l’acqua per evitare che si formino pance di filo in superficie, impedendoci di avere una linea retta tra la nostra postazione ed il pasturatore che sta calando. Ulteriori manovre di affondamento filo, svettate, etc. sono superflue e potrebbero impedirci di rispondere con adeguata pronteza alle tocche del pesce. Le mangiate saranno comunque estremamente decise, come altrettanto violenta sarà l’iniziale fuga del pesce verso la sponda opposta ma, dopo questa convulsa fase iniziale, i giganti di San Clemente si faranno recuperare docili fin quasi nel sottosponda, dove si scateneranno di nuovo in combattimenti estenuanti per il pesce, ma anche per la nostra attrezzatura, per le nostre braccia e per le nostre capacità di resistenza, che saranno messe a dura prova anche dalla calura estiva.
Quindi un lago in cui vi consiglio vivamente di pescare, in quanto è facilmente raggiungibile dall’uscita A1 di Incisa Valdarno, dirigendosi verso Pontassieve e successivamente oltrepassando l’abitato di Leccio. Il lago dispone di 1500 metri di sponda pescabile suddivisi in 4 sponde, su una di esse si può anche pescare piazzando l’attrezzatura su delle comode piattaforme in cemento.
Il bacino è gestito dalla FIPSAS e la pesca è riservata ai soci della federazione, in loco vi verrà rilasciato un permesso giornaliero del costo di 5 euro oppure, con 15 euro si può sottoscrivere una sorta di abbonamento valido tutto l’anno.
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