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A LECCO UN ANNO DOPO
E’ arrivato l’autunno, è arrivato il momento di tornare nella stupenda cornice della città di Lecco per una pescatina in bolognese sull’Adda. Se ricorderete un anno fa avevamo realizzato il primo vero servizio nella città lombarda assieme al trio composto da Maurizio Teodoro, Cristian Gozzi e Paolo Stainer. Tre agonisti che quest’anno si sono trovati sui campi gara della Serie A1, con i primi due nella stessa squadra e promossi al prossimo Campionato Italiano a Squadre. Tre agonisti, ma ancora prima tre pescatori che quando si tratta di pescare in Adda sono i primi ad essere presenti. Non a caso questa è ormai la terza volta che facciamo un servizio con loro ed i risultati in passato sono sempre stati a dir poco eccezionali. Nell’autunno 2013 lo spot prescelto era praticamente in faccia alla quarta zona, in un posto raggiungibile solamente con gli waders e con il livello del fiume basso. Stavolta ho preferito rompere le scatole e dirottarli sul vero e proprio campo gara, in un posto un po’ più comodo da raggiungere, ma allo stesso tempo molto difficile: la prima zona sotto il ponte di Lecco. In pratica a non più di trenta metri dalla fine del Lago di Como. Lo scorso anno la pescata avvenne in una giornata davvero fredda, mentre questa volta è finita che abbiamo preso più sole in un giorno di ottobre che in tutto agosto! In quell’occasione prendemmo di tutto tra cavedani, barbi, pighi e persici reali, ma non le savette, che fino ad una settimana prima letteralmente abbondavano in quel tratto di fiume. Savette che nel Nord Italia ormai sono diventate una vera e propria rarità, al punto che la cattura di una di esse fa notizia in qualunque negozio di Lombardia e Piemonte. Spinti sia dalla voglia di ripetere la pescata di un anno prima e soprattutto per riuscire a fotografare qualche “salena”, la meta di Lecco è diventata obbligata. Un modo per celebrare anche Maurizio Teodoro che appena un mese prima tornava in Italia da trionfatore dopo la vittoria nel Campionato del Mondo Femminile di pesca al colpo in veste di commissario tecnico, ereditando la pesante maglia lasciata libera dall’amico di una vita: Giampiero Barbetta. Un ct che più volte abbiamo celebrato, ma che si sente nella sua vera dimensione quando fa solamente il pescatore. Che poi si tratti di pesca a bolognese in fiume, pesca in alta montagna ai temoli o in mare, a Maurizio poco importa. Basta che si peschi. Tutti i campi gara di Lecco hanno la particolarità della tecnicità della pesca in quanto si tratta di zone continuamente battute dai pescatori della zona, specialmente nel periodo che va da agosto fino a novembre. Questo porta il pesce ad essere sicuramente molto presente in quanto attratto dai chili di pastura e cagnotti buttati in acqua ma, allo stesso tempo, molto attento alle lenze in acqua. Non è raro passare delle giornate intere vedendo il pesce saltare a pochi metri dal proprio galleggiante, senza però riuscire ad insidiarne più di due o tre. Erroneamente molti pensano che per prendere i pesci in un fiume come l’Adda è necessario cercare di lanciare il più lontano possibile, magari dove si vedono le bollate. In diversi casi questo è un vero errore ed è sufficiente effettuare la passata a non più di cinque o sei metri da dove si sta pescando, dove termine la gronda di erbe. Non è inusuale che cavedani, barbi, savette e tinche viaggino praticamente nel sottoriva. Non a caso la pasturazione è stata effettuata a pochi metri da riva, proprio dove finisce la scarpata. Pasturazione che è stata effettuata utilizzando la pastura FLY per il fiume ovvero la Barbo – Cavedano, che già in altre occasioni ha dato grandi risultati e ne darebbe ancora di più se viene aggiunta un’ulteriore percentuale di crisalide. Adda, Ticino, Mincio, Muzza, Po, Naviglio. Non esiste posto in cui questo sfarinato risulti micidiale. Oltre a ciò è stato optato per incollare un po’ di cagnotti con della ghiaia per cercare di far venire sotto gli esemplari più grossi di barbo (rigorosamente nostrano) e cavedano.
Quando si tratta di pescare in fiume, i prodotti Fly di Maurizio sono sempre i migliori in circolazione. In primis i waders in neoprene che permettono di affrontare tutte le situazioni meteo, oltre ad attraversare i punti più profondi, invalicabili con i classici cosciali. Uno dei veri e propri punti di forza della ditta con sede a Lainate sono le bolognese: oltre alla sempreverde Primatist Strong che ha caratterizzato la pescata dello scorso anno, ecco le Exclusive Power. Una canna che nasce con una combinazione di un esclusivo tessuto di carbonio super ultra light che, lavorato con un esclusivo sistema di lavorazione, porta la canna ad essere allo stesso tempo sia molto sottile e leggera, che bilanciata. Questo perché il vettino non è stato ulteriormente appesantito con materiale di rinforzo, essendo il carbonio utilizzato per la costruzione della canna di per sé molto resistente. Ma il vero protagonista della giornata è stato il nuovissimo galleggiante che da alcuni mesi occupa le cassette della maggior parte degli amanti dell’Adda, da Lecco fino a Lodi: il Trezzo, nella grammatura tra due e tre grammi. Un nome, un programma. Si tratta di un galleggiante ottimo per la pesca in corrente, molto reattivo alla trattenuta, che presenta un forellino passante nel corpo del galleggiante di piccole dimensioni per la pesca con fili non oltre gli 0.22 millimetri di diametro. Un galleggiante disponibili in grammature fino a venti grammi. Poche righe sopra è stato detto quanto il pesce sia furbo nei picchetti in cui ci siamo posizionati; ciò è stato determinante nella scelta dei finali e degli ami. Se in posti meno battuti si può azzardare con le dimensioni, in questo caso non è stato obbligatorio scendere con le dimensioni arrivando al massimo con uno 0.11 millimetri fluorocarbon in terminale e ami anche del n.20 – 22 serie SP della Katsuichi, forse tra gli ami migliori presenti sul mercato.
Fatte le doverose presentazioni del materiale utilizzato, è ora di entrare in pesca. Bisogna essere sinceri. Nonostante le notizie fossero più che incoraggianti, nell’aria aleggiava un certo pessimismo da parte di almeno due dei tre presenti sull’effettivo risultato finale della pescata. Di contro, bisogna anche ammettere che tutta la sponda opposta risultava essere un vero e proprio tappeto di savette, disposte in diverse file per almeno trenta o quaranta metri quadrati. Pasturazione abbastanza pesante e prime passate. Dieci passate a vuoto per tutti e tre e poi il primo pesce incannato da Paolo. Perso. Forse qualche pesce ha voglia di mangiare. Non passa molto che ancora Paolo ritorna a piegare la sua Exclusive Power. Nello stesso momento anche Cristian incanna un pesce che alla fine si rivelerà essere una stupenda savetta da mezzo chilogrammo. Dopo qualche minuto di combattimento torna a trovarci il fratello gemello dello stupendo barbo nostrano catturato un anno fa. Stessi livrea, stessi colori, stessa razza. Una savetta ed un barbo. Il servizio potrebbe anche finire qui, ma all’appello manca ancora uno dei migliori commissari tecnici di pesca in circolazione che non ci mette molto a prendere il primo pesce e catturare il primo di una lunga serie di cavedani over size, tutti di taglia superiore al chilogrammo di peso, con esemplari anche sui due chili. Cavedani dalla livrea stupenda, di un colore quasi vicino al verde vista la colorazione dell’acqua. Pesci stupendi dal punto di vista visivo, molto meglio di quelli che si catturano con finali ben più superiori e ami del 12 o 14, in condizioni di acqua lenta e soprattutto molto sporca che li colora pressochè di bianco. Insomma, se volete pescare i veri pesci nobili vi conviene fare un giro a Lecco, sperando anche in condizioni ottimali del fiume. E non dimenticate che se in altri posti vi potete solo diplomare, a Peschiera vi laureate e a Lecco fate il master di pesca al cavedano e specie autoctone! E se lo dice un tre volte campione del mondo, forse bisogna fidarsi…
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