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AL LAGO DI OCCHITO CON COLMIC E GIANCARLO ASQUITTI
Era da circa un anno che avevo promesso a Giancarlo Asquitti di portarlo in un posto davvero speciale. Il lago dove ho imparato a pescare, o meglio, il posto dove mi è venuta quella bellissima malattia chiamata “pesca”: il Lago di Occhito. Sono stato molto impegnato e un poco lontano negli ultimi tempi, ma conoscendo il posto da sempre sapevo come muovermi. Un lago di cui ho già avuto di parlare qualche tempo fa in occasione di una sessione invernale di pesca.
Purtroppo anche il Molise è stato colpito dalla siccità estiva ed il lago ne ha risentito. Basti pensare che i livelli sono scesi di almeno una ventino di metri. Purtroppo per questo abbassamento diventa difficile raggiungere molte delle postazioni di pesca. Anzi, trovare una postazione comoda è tanto difficile quanto cercare una birreria nel Deserto del Sahara. In particolare poi se l’obiettivo è godere di una giornata di pesca in un posto artificiale, dove però la natura domina incontrastata in tutta la sua bellezza.
Dopo essermi incontrato con Giancarlo ci siamo diretti verso il paese di Macchia Valfortore (CB). Da qui siamo scesi verso il lago arrivando in una delle tante insenature dove sapevo avrei trovato un livello dell’acqua e una profondità accettabile per la pesca corta. Una zona in cui poter anche pescare sulle piattaforme di tufo che sono rotte di pascolo dei pesci. Dopo un veloce sopralluogo decidiamo di sistemati proprio su una di queste piattaforme di tufo e pietre. Piattaforma svelata dall’acqua a causa dell’abbassamento di livello. Giusto per mantenere ancora quel poco di dignità che mi resta solo nel mondo della pesca, ho deciso di omettere volentieri la descrizione delle fasi di trasporto dei panieri e delle varie attrezzature. Il terreno è infatti molto scosceso ed accidentato. Condizioni più favorevole ad uno sherpa che ad un pescatore.
Abbiamo iniziato la nostra pescata a distanze non superiori ai 30 metri, dove il fondale è poco inferiore ai dieci metri. Classiche le esche utilizzate, dall’immancabile mais alternato con il bigattino. Entrambi usati sia come innesco, sia come integratore alla pastura. In queste acque ed in questo periodo l’uso di pasture e sfarinati “dolci” è sempre la migliore scelta. Per l’occasione Giancarlo ha usato la Colmic Wonder Black e le nuove pasture dedicate al feeder della casa Toscana. Le Master Series Colmic di colore giallo gli hanno permesso di catturare un gran numero di carassi e qualche carpa. Ciprinidi di taglia non eccessiva ma che hanno comunque messo alla prova la Gold Lion 12 piedi della Colmic.
Personalmente ho iniziato quasi alla stessa maniera, con un pasturatore di grammatura superiore, attorno ai quaranta grammi, per raggiungere prima il fondale. Le carpe ed i carassi non sono mancati, ma ho voluto andare in cerca di qualcosa di più grosso. Ho montato un method feeder da utilizzare a cortissima distanza, dove è presente un primo scalino sui tre metri di profondità. Diverse le mangiate di carpe attorno al chilogrammo, ma niente di eccessivamente grosso. Sarà per la prossima volta!
La giornata è passata velocissima sotto un sole cocente. Una ricca pescata accompagnata da tante risate con un buon amico. Una cornice tutt’altro che consueta pescando con Giancarlo, conosciuto in gare dove io da neofita cercavo di rubare qualche info sui quei campi mai visti e che lui già conosceva. Bene, forse oggi ho avuto l’occasione di ripagare un poco di quella pazienza avuta sopportando le mille domande in questo ultimo anno portando Giancarlo a fare una pescata che sicuramente ricorderà con piacere per molto tempo e che spero di bissare al più presto.
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