PESCA DELL’ALBORELLA – APPROFONDIMENTO CON MASSIMO ARDENTI
Eccoci ritrovati per il secondo approfondimento tecnico con Massimo Ardenti che riguarderà la pesca dell’alborella. Ci faremo raccontare dal nostro CT la trasformazione di queste ‘’velocette’’ dagli albori ai giorni nostri. Non solo evoluzione ma anche tecnica. L’azione di pesca può risultare ad un occhio profano semplice e intuitiva ma è invece quanto di più complesso, metodico, calcolato, preciso e raffinato ci sia. Forza allora, addentriamoci subito nell’argomento per sviscerare e raccontare tutti i segreti di questa affascinante tecnica.
Finalmente! Personalmente sono contentissimo di questo approfondimento! La prima domanda, come fatto per l’articolo sulle canne fisse e come faremo per tutte le tecniche, riguarda l’evoluzione delle canne e dei materiali dalla loro nascita fino ad oggi. Ricordi qual è stato il tuo primo set di canne per la pesca dell’alborella? Oggi quali canne usi?
Il mio primo ‘’set’’ di canne erano dei grezzi in vetroresina acquistati a buon mercato da una fabbrica vicina. Le andavamo a modificare tagliando le varie sezioni, applicando un’impugnatura in sughero alla base e apportando le dovute modifiche al cimino. La prima serie completa realizzata appositamente per questa tecnica erano le ‘’mini-daiwa’’, attrezzi davvero ben costruiti. Ovviamente l’avvento del carbonio ha donato a tutte le canne, anche per le ‘’velocette’’ quindi, qualità di leggerezza e bilanciatura e altissime prestazioni che tutt’oggi ritroviamo nelle canne top. Oggi utilizzo le Colmic Emperor Pro. Un set di canne davvero eccezionali diventate ormai compagne inseparabili quando c’è da insidiare questo famelico ciprinide.
Robert Tesse, grandissimo e glorioso pescatore francese, ci ha regalato uno dei più importanti galleggianti per la pesca che ovviamente porta il suo nome. Oltre il famosissimo Tesse, quali altri galleggianti possiamo utilizzare per insidiare questo famelico pesce d’acqua dolce?
Il galleggiante e la sua forma risulta determinante per una ottima lettura della mangiata, specialmente in questa tecnica. Esso deve consentirci di vedere in qualsiasi momento della sua discesa e taratura un’eventuale abboccata. Prima di tutto bisogna dire che l’antenna deve avere un diametro ridottissimo e non essere troppo lunga. La sua taratura non sarà mai completa, anzi, spesso bisogna tarare il galleggiante alla base dell’antenna stessa se la corrente è sostenuta. Tutti i galleggianti per la pesca dell’alborella derivano dal Tesse e in base al loro profilo, se molto allungato o con un collo pronunciato, utilizzarli nelle varie situazioni di pesca. Ovviamente il Tesse nella sua forma originale va utilizzato in acque ferme o molto lente per una pesca sul fondo e a mezz’acqua. Fondamentale è capire in quale strato di acqua staziona l’alborella che ci interessa pescare per avere l’ago della bilancia dalla nostra parte finita la gara.
La costruzione della lenza da applicare alle nostre canne riveste un ruolo chiave per questa tecnica. Come va costruita?
La geometria della lenza, la lunghezza del finale che andremo ad applicare alla sua estremità, l’amo che utilizzeremo e il modo in cui tutto il nostro sistema colpisce la superficie dell’acqua riveste una funzione chiave di questa pesca. Io personalmente non utilizzo diametri estremamente sottili. Cerco più di curare le movenze, la tecnica, l’ordine e la precisione. La grammatura del galleggiante è subordinata alla profondità del nostro spot, alla velocità della corrente e dove staziona l’alborella che ci interessa pescare.
Il Diametro del filo è determinato dalla fauna ittica che abbiamo nel sotto riva insieme all’alborella. Spesso possiamo imbatterci in avole e triotti che superano anche più del doppio il peso dell’alborella e son pesci che se allamati vanno assolutamente messi in nassa!
Per quanto riguarda la disposizione del piombo, di solito si costruisce una coroncina di pallini o un doppio cono per evitare di accavallare il filo. Una piombatura ristretta ci permette di leggere la calata della nostra esca su tutta la fascia d’acqua e di ferrare al minimo sussulto del nostro galleggiante.
L’amo riveste un ruolo cruciale, le sue caratteristiche devono essere ben precise e non possiamo commettere errori. Gambo lungo, filo sottile, angoli pronunciati e perfetta penetrazione come i Nuclear N1000 o B2000. Ami con queste caratteristiche ci consentono di calzare il bigattino senza deteriorarlo, di non farlo scendere nella curva grazie agli angoli accentuati ed avere una punta dell’amo sempre pronta ad accogliere le labbra del nostro pesce.
La pastura. L’alborella è un pesce gregario che staziona nei pressi della riva in cerca di cibo e riparo. Non è difficile imbatterci in essa ma è estremamente complicato catturarne un gran numero e mantenerla nel nostro picchetto per tutta la durata della gara. Quali sfarinati utilizziamo e quale sarà la meccanica della nostra ‘’noce’’?
Gli sfarinati sono fondamentali per concentrare le alborelle sotto la punta della canna. Ovviamente tutti hanno i propri segreti ed ognuno pensa che la sua sia la migliore. Possiamo iniziare con una distinzione, ovvero una pastura a base sapida o dolciastra. Una pastura a base sapida è rivolta alle alborelle di media grossa taglia. Viceversa una pastura a base dolce è da utilizzare quando la taglia dell’alborella è piccola.
La composizione, la granulometria e la bagnatura determinano in modo significante la profondità dove essa andrà a lavorare. Se dobbiamo insidiare un’alborella nei pressi del fondo la nostra pastura non dovrà essere eccessivamente bagnata e dovrà rilasciare le sue particelle nell’ultimo tratto della sua discesa. Se dobbiamo insidiare il nostro ciprinide in superficie il nostro sfarinato dovrà essere molto bagnato e fatto da piccole particelle che al contatto con la superficie dell’acqua formi la classica macchia.
Decisa la nostra base di partenza possiamo anche aggiungere degli ingredienti sfaldanti o leganti, in base alla meccanica che vogliamo dare al nostro agglomerato. Anche il colore ha la sua importanza. Solitamente in acque limpide non uso mai coloranti per avere una maggiore chiazza. Diversamente in acque scure possono essere utilizzati dei coloranti specifici da pastura che possono accentuare il richiamo visivo.
L’azione tecnica durante una sessione di pesca all’alborella è ‘’meccanica’’ allo stato puro. Organizzazione della postazione, fluidità dei movimenti, precisione e costanza. Quali sono i segreti per impostare al meglio la nostra gara e quali sono gli errori da non commettere?
Il concetto fondamentale è: ‘’meno movimenti facciamo, più siamo veloci’’. Il vero alborellista è quel pescatore che non fa mai movimenti superflui o nevrotici. Nei famosi campi di gara Italiani si vincevano gare anche con 1200 pesci! Puoi ben immaginare i secondi che perdiamo per ogni alborella se facciamo qualcosa che non va. Quindi, avere una postazione di pesca curata in modo maniacale ci permetterà a non avere alcun intralcio ed essere quanto più efficienti possibile.
Rilassiamo i muscoli, teniamo il nostro busto ben dritto, facciamo movimenti armonici e i risultati sicuramente saranno migliori. I consigli che posso dare sono di doppiare le canne e le lenze che in prova ci hanno regalato più catture e di stare molto attenti all’innesco del bigattino. Il vero alborellista lo cambia prima che le sue ferrate vadano a vuoto.
Come sempre le sue spiegazioni non sono mai banali. Il nostro approfondimento sull’alborella è giunto al termine e non vedo l’ora di affrontare il prossimo: il mulinello. Grazie mille Massimo!
Grazie a te Walter, un caro abbraccio alla redazione e a tutti i tuoi lettori! Alla prossima!