Itinerari Toscana – Feeder fishing ai Laghi Il Pino

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IN PESCA AI LAGHI IL PINO NEL FIORENTINO

Firenze, città nota in tutto il mondo per la sua nobiltà, la sua storia, il suo enorme patrimonio culturale e capoluogo noto in tutto il mondo alieutico per il fiume d’argento, l’Arno. Arno che è stato teatro di mitiche battaglie agonistiche, di sudore, di nasse stracolme. Erano gli anni di Maurizio Gabba, di Andrea Collini, dei mondiali per nazioni. Erano gli anni della grande pesca in Toscana, dove trovare un posto libero per pescare all’ombra della cupola del Brunelleschi era cosa non facile. Dopo quasi trent’anni è tutto cambiato. Purtroppo il tratto cittadino è solo lontano parente del magnanimo fiume di un tempo. Addirittura i fatti diventano tragici qualora si decida di pescare al colpo, o peggio ancora a feeder. In questo caso è meglio puntare su altre province, oppure….

….oppure ricordarsi che nel lontano 1966 la tragica piena dell’Arno ci ha lasciato incredibilmente in dono anche alcuni tesori. Posti a pochi chilometri dal centro storico, tra le cittadine di Campi Bisenzio e Lastra a Signa, si trovano molte cave, alcune di queste enormi, create dalla furia del fiume che si trova a poche centinaia di metri da essi. Qui ho passato alcune delle giornate più belle della mia vita, quando da bambino mi accingevo a muovere i primi passi nel mondo della pesca; la quantità di pesce presente era veramente enorme e, se possibile, superiore a quella dei fiumi della zona: carassi, carpe, pesci gatto, storioni, persici trota, persici reali, alborelle, cavedani, tinche e una più ampia gamma di specie acquatiche popolavano questi luoghi leggendari. Sebbene i laghetti della piana siano passati dallo sfruttamento per l’estrazione della sabbia (che a Firenze si chiama “rena”), all’utilizzo per le esercitazioni dei Vigili del Fuoco, al bracconaggio e sebbene oggi gran parte di essi risulti abbandonata o trasformata in riserva naturale, esiste ancora un lago in cui il pescatore fiorentino può trovare riparo per una piacevole giornata di pesca. I “laghi Il Pino” sorgono nei pressi dell’abitato di San Mauro a Signa e sono un complesso formato da 3 laghi adiacenti, popolati esclusivamente da carpe di taglia media intorno ai 5 chili; la pesca si svolge prevalentemente nel lago centrale, il maggiore e può essere impostata nelle maniere più disparate, con la sola accortezza di non utilizzare la larva di mosca carnaria, vietata tassativamente. Sebbene sia un carpodromo a tutti gli effetti, la pesca nel lago è storicamente difficile, basti pensare che nelle mie uscite invernali a method raramente sono riuscito a superare la decina di pesci in 5 ore di pesca e sebbene la taglia ben oltre la media compensi in qualche modo la quantità, volevo riuscire a trovare la chiave di volta, sicuro della presenza di molta più pescosità. Per prima cosa ho ragionato sulle abitudini alimentari delle carpe che popolano il lago, notando che esse sono abituate a raggiungere il pellettato in superficie nelle ore centrali della giornata, fatto confermato dalla enorme presenza di bollate in superficie in orari compresi da mezzogiorno al primo pomeriggio, oltre a restare sul fondo da pomeriggio inoltrato fino a sera. Secondariamente ho sfruttato alcune notizie ricevute da amici circa la conformazione del letto e praticando il “plumbing” sono riuscito a capire che in un punto preciso del centro del lago si sviluppa un piccolo cono di depressione che porta la profondità da circa 4 metri a 6 metri , generando una sorta di “piscina”, protetta da un lato da dei tronchi sommersi: come poi ho avuto modo di riscontrare il pesce staziona quasi esclusivamente in questa zona del lago, qualunque sia l’orario e la modalità di alimentazione, rendendo quindi inutile la pesca “marginal”. Ho quindi studiato una tattica di tipo “match” puntando su due tecniche: pellet waggler nelle ore centrali della giornata (dalle 13:30 alle 16:00) e flat method feeder nelle restanti ore (dalle 16:00 alle 19:00), impostate entrambe a circa 37 metri di distanza proprio nel centro del conoide.

Per quanto riguarda il P.W. Fishing ho utilizzato una canna specifica da 11 piedi ad azione morbida, abbinata ad un mulinello taglia 4000 caricato con del monofilo dello 0.23, rigorosamente galleggiante. La montatura, semplicissima, è stata realizzata chiudendo un feeder bead small tra dei piccoli stopper in silicone, utili per variare la profondità di pesca, e completata con asola per la connessione del finale e un pellet waggler da 8 grammi a corpo tozzo, munito di disco terminale per accentuare l’effetto “splash” nell’impatto con la superficie. Come terminale ho utilizzato uno spezzone di nylon di 60 cm dello 0.19 abbinato a un amo del 16 a curva rotonda, montato con una micro bait band. Come inneschi ho utilizzato delle pellet dure da 8 e 10 mm all’halibut, alternate a delle robin red e delle pellet al mais, principalmente per variare la gamma cromatica; per pasturazione solo ed esclusivamente pellet all’halibut, visto il periodo torrido, fornite in misura di 4 o 5 per volta, in modo da generare competizione alimentare e mantenere i pesci in superficie. Per quanto riguarda il Method Fishing ho utilizzato una canna commercial da 11 piedi, abbinata ad un mulinello taglia 5000 (come vuole la nuova tendenza inglese per la pesca nelle Fisheries fino a 40 m) caricato con del monofilo affondante dello 0.25.
Monto sempre i miei method su uno spezzone di 30 cm di nylon dello 0.30, interamente brillato, lasciandoli liberi di scorrere tra l’asola che si crea ad una estremità (dalla formazione della brillatura) e un quick stop posto all’estremità opposta: in questo modo inserendo una girella con moschettone sulla lenza madre sono in grado di cambiare in qualsiasi momento il “modulo method” senza dover ricostruire la lenza, inoltre questa soluzione risulta estremamente rigida ed affidabile, e consente in tutte quelle fisheries in cui vi è un’azione di pesca frenetica, di poter alternare due method senza inutili perdite di tempo: uno in pesca e uno sul piatto già pronto per essere montato in sostituzione di quello scarico recuperato.

In questo caso ho iniziato la sessione a method con un flat method large da 25 grammi, per poi passare ad una taglia small (sempre da 25 grammi) quando le carpe si trovavano in competizione alimentare, corredati entrambi da un finale in trecciato da 15 lb di 10 cm esatti: un amo del 12 montato con baionetta ha completato la montatura. Ho deciso di bagnare una pastura all’halibut estremamente carica, a grana fine, additivata di colorante rosso e una manciata di micropellet da 2 mm sempre al gusto halibut. Come inneschi mi sono affidato esclusivamente a delle boiles pop up da 8 mm, considerando che il fondo di questo lago è molto fangoso, di colore giallo alternato al bianco per creare contrasto con il colore rosso mattone della pastura e risultare quindi immediatamente visibili. I risultati sono stati: 20 carpe nella prima sessione, 30 nella seconda, 25 nella terza e oltre 25 nella quarta, a quasi un mese di distanza dalla prima uscita, dimostrazione del fatto che l’impostazione è risultata quella corretta; tra esse molti esemplari oltre i 10 kg, soprattutto carpe a specchio catturate nell’ultima mezzora sul calar del sole.Una magnifica esperienza, che mi riconcilia finalmente con la mia terra, e che dimostra come la pesca sia si un arte fatta di intuizione e genialità, ma anche uno sport in cui l’abnegazione e la caparbietà premiano chi sa andare oltre il proprio naso.

Testo e foto di Matteo Pampaloni

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