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PESCA CON CANNA FISSA SPIEGATA DA MASSIMO ARDENTI
Dalle giornate in riva ad un lago con la famiglia alle prime gare sociali, fino alle più importanti manifestazioni della pesca sportiva la pesca con canna fissa è stata la padrona indiscussa. Sia prima che dopo l’avvento del mulinello molte gare sono state vinte utilizzando esclusivamente questa tecnica. Nel corso degli anni la loro evoluzione è stata impressionante. Oggi siamo ad un livello costruttivo davvero sofisticato e dettagliato. Ma quali sono le canne fisse usate oggi nelle manifestazioni? Che tipo di azione hanno? E soprattutto, in base allo spot che ci troviamo ad affrontare, cambiano le caratteristiche dell’attrezzo?
Abbiamo la fortuna di avere qui con noi il Pluricampione e CT della Nazionale Master Massimo Ardenti. Con lui cercheremo di sviscerare tutti i segreti e le caratteristiche di questa tecnica.
Salve Massimo. Benvenuto su Fishingmania! Oggi parliamo della tecnica a canna fissa. Tralasciando volutamente le canne fisse per l’alborella, di cui parleremo esclusivamente nel prossimo articolo, ci puoi raccontare l’evoluzione tecnica di questo attrezzo nel corso degli anni?
Caro Walter era il 1963, avevo 5 anni ed ero in un canaletto a ridosso della spiaggia di Fregene. In questa occasione il fidanzato di mia sorella mi dette questa cannina per tenermi impegnato e non fare il terzo incomodo! (ride n.d.r.). Era una canna palustre in tre pezzi ad innesti con il cimino in bambù, lunga non più di 3 metri. Costava 500 Lire e veniva venduta con un kit comprensivo della sua sacca in nylon, un galleggiante, 3 ami, una matassina di filo e una manciata di piombi. Ora sarebbe impensabile anche immaginare una pescata per diletto con un attrezzo simile.
Alla fine degli anni ‘60 fecero la loro comparsa sul mercato le prime canne in vetroresina non superiori ai 5 metri di lunghezza. Canne abbastanza dozzinali e sicuramente migliori delle canne palustri, ma il loro grande pregio fu quello di essere i ‘’genitori’’ della prima vera canna fissa. La ‘’Fiorentina’’ era una canna morbidissima e fletteva sotto il peso di se stessa. Aveva la peculiarità di avere una calciatura molto corta. Si richiudeva in 60 cm e con questi attrezzi si pescava in riva al fiume con gli stivali a tutta coscia. In aggiunta, la classica sacca di bigattini legata al collo e giù nel fiume ad insidiare i cavedani.
La difficoltà più grande era tirar fuori il pesce dall’acqua per slamarlo. La lenza era più lunga di circa 20/30cm rispetto alla canna e puoi immaginare che l’unico modo per far andare a buon fine la cattura con un attrezzo così morbido era quello di portarsi sulla riva e spiaggiare il pesce. Per anni sempre più aziende nacquero intorno all’indotto della pesca ed affinarono sempre più le canne in vetroresina.
Il vero cambiamento epocale. Le prime canne in carbonio. Stiamo parlando del 1984. La canna era una Shakespeare e costava quasi un milione di lire! Anche se economicamente inaccessibile per la stragrande maggioranza dei pescatori, tutte le aziende che trattavano materiali compositi iniziarono ad interessarsi al carbonio. Grazie alla sempre crescente disponibilità e varietà di prodotto nei negozi i prezzi scesero e consentirono agli agonisti di acquistare canne fisse. Canne lunghe anche 9 metri che permettevano di mettere in nassa 200 alborelle e pescare con la canna al polso.
Evoluzione e Rivoluzione allo stesso tempo: rigidità, bilanciatura e leggerezza. Il tutto mantenendo sempre il cimino (pieno) molto morbido per evitare di danneggiare l’apparato boccale del pesce e non consentire una slamatura involontaria. Alborelle, barbi, savette, triotti, cavedani e carassi da allora hanno avuto vita dura. Ricordo ancora le canne firmate da un grandissimo amico e agonista, Adriano Fumagalli. A lui devo moltissimo della mia storia piscatoria.
Fino alla metà degli anni ‘90 lo sviluppo e la ricerca su questi attrezzi era notevole perché la maggior parte delle gare venivano eseguite e vinte con questa Tecnica. Purtroppo, con l’avvento delle roubaisienne, le canne fisse giovarono solo dei nuovi materiali che anno dopo anno venivano migliorati arrivando ad oggi. Ora peso più il pesce che l’attrezzo.
Quali sono le caratteristiche principali che troviamo nelle canne di ultima generazione? E come sceglierle?
In base alla taglia della preda ittica da insidiare bisognerà privilegiare un’azione parabolica rispetto ad una rigida o viceversa. La distanza fra noi e la linea di pesca oltre alla profondità della stessa ne determinerà la lunghezza. Ovviamente un agonista deve averne la maggior parte, se non tutte, a sua disposizione. E’ l’unico modo per affrontare al meglio le competizioni che richiedono l’utilizzo di questa tecnica.
Con pesci di piccola taglia l’ottimale è una canna dalla schiena rigida, molto leggera e bilanciata. Una canna con un cimino ed un sottovetta morbido che avrà solo il compito di salpare il pesce senza che questo si slami. Con pesci di media taglia l’ideale è un attrezzo progressivo che faccia lavorare molto anche la parte centrale. In questo modo si può avere un’azione ammortizzante. Questo asseconderà meglio le fughe del pesce, aiuterà il nostro nylon a non rompersi e ci permetterà di sfiancarlo quanto prima per portarlo a guadino.
Parliamo ora delle lenze da utilizzare in questa tecnica. Come bisogna costruire la geometria del piombo sul nostro nylon? Quali galleggianti utilizzare? Quale lunghezza avrà il nostro terminale? Ovviamente sapere le specie ittiche presenti nel nostro spot di pesca ci aiuterà, ma esistono degli standard?
Certo, esistono degli standard. Variano però in base alla grandezza del pesce da insidiare. La nostra chiave centrale sarà sempre la presentazione dell’esca. Essa deve essere quanto più naturale possibile in base allo spot di pesca. Da qui andremo a costruire la nostra geometria che ci permetterà di servire il nostro inganno. Per pesci di piccola taglia partiamo da un galleggiante di forma allungata con antenna molto sottile. Ci permetterà di vedere le tante mangiate in fase di caduta dell’esca.
La sensibilità di questa azione di pesca è data da un terminale corto di 10 – 20 cm. La distribuzione del piombo sulla lenza è concentrata in 5/6 cm. Discorso diverso per i pesci di media taglia. Il piombo sarà distribuito con una torpille o una classica coda di topo a seconda della corrente e del vento. I galleggianti saranno di tipo tradizionale, con un’antenna di media grandezza e il terminale lungo dai 30 ai 50 cm. Ovviamente diametri e grammature saranno subordinate dalle prede che andremo ad insidiare, dalla lunghezza della canna e dalla portata d’acqua nel nostro picchetto.
Scelte le giuste canne, preparato le lenze adatte ci troviamo ad affrontare la nostra azione di pesca. Questa è molto diversa dalle altre tecniche. Quali sono le giuste movenze del nostro corpo in fase di lancio e recupero del pesce? A quali accorgimenti tecnici dobbiamo prestare maggiore attenzione?
Chiedere delle giuste movenze del nostro corpo è una domanda che in pochi fanno. Trovo sia di fondamentale importanza sapere come agevolare il lancio e l’entrata in pesca della lenza. Dobbiamo prestare la nostra attenzione sul sibilo che il nostro attrezzo emette quando fende l’aria. Se il suono che ascoltiamo sarà acuto significa che abbiamo fatto lavorare nella fase di lancio la parte superiore della canna. Di contro, se il suono che percepiamo mentre proiettiamo la nostra lenza sarà di una tonalità ‘’grave’’ stiamo esercitando forza nella parte centrale dell’attrezzo.
Ovviamente il suono giusto con grammature leggere è quello acuto perché i pezzi superiori della canna sono quelli che hanno più elasticità. Con grammature importanti il lancio dovrà essere più morbido e lento in modo tale da accompagnare il piombo senza stressare gli elementi più elastici e sottili dell’attrezzo. Altro aspetto fondamentale è avere il piombo alle nostre spalle prima di iniziare il nostro lancio. Il lancio terminerà con la canna parallela alla superficie dell’acqua. Per quanto riguarda invece la fase del combattimento dobbiamo cercare di far lavorare il più possibile la canna, specialmente con prede di generose dimensioni.
Il nostro polso e il nostro avambraccio dovranno seguire con naturalezza gli spostamenti del pesce senza però mai allungare la nostra canna verso l’orizzonte. Questo impedirà di far prendere il largo alla preda e di tenerla sempre sotto costante tensione dovuta all’azione della canna.
La tecnica della canna fissa è stata messa un po’ messa da parte negli ultimi anni. Ci sono però campi di gara in Italia dove questa tecnica trova ancora spazio. Quali sono le condizioni di pesca dove dobbiamo preferire questa tecnica rispetto alle altre?
L’ultimo vero campo di gara per la tecnica della canna fissa nel Centro Sud era il Volturno a Capua. Fiume splendido con portata d’acqua variabile e prede spettacolari da insidiare. Sul famoso tratto denominato ‘’campo sportivo’’ ho visto le ultime vere gare a canna fissa ma purtroppo come detto prima la tecnica della roubasienne ha spodestato la canna fissa dalla metà degli anni ’90. Ormai anche sul caro Volturno la tecnica predominante è quella francese.
Ritornando al fuoco della domanda, dobbiamo preferire la tecnica della canna fissa qualora l’intensità della pescosità e la frequenza delle catture sia ad un ritmo così serrato da rendere impossibile lo stesso numero di catture utilizzando la tecnica francese. Anche se le nuove roubasienne sono leggerissime, prendere 200 pesci alla distanza di 13 metri in quattro ore è quasi impossibile. Rare volte ho visto superare le cento catture con una roubasienne e quella che mi è rimasta più impressa è stata una gara sul canale di Spinadesco dove l’atleta ha pescato alborelle per tutta la durata della gara in piedi sul paniere con una rouba di 14.5m. Era davvero sovrannaturale. Il nome ‘’Umberto Ballabeni’’ dice tutto.
Come sempre le sue spiegazioni rasentano la perfezione. Questa prima parte dedicata alla canna fissa è finita, ma di appuntamenti ce ne saranno tanti altri. Possiamo anticipare anche i nostri appassionati lettori che il prossimo articolo sarà sulla pesca dell’alborella.
E’ sempre un piacere parlare di pesca. Grazie a te per questa bella chiacchierata e non vedo l’ora di farne un’altra! Un saluto a tutti gli amici di Fishingmania ed alla prossima!
Per Fishingmania – Walter Zeolla
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