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PESCE SPADA A SPINNING
Quell’alba di Pasqua non me la scorderò mai. Alle due di notte partii da Roma in direzione Orbetello. Una zona a me molto cara ed in parte casa mia. Qualche giorno tra amici, risate, ma soprattutto pesca per ventiquattro ore.
L’idea era quella di partire presto per essere giusto, giusto in scogliera all’alba. Barracuda, pesci serra, ricciole, palamite. Questi gli obiettivi alle prime luci del giorno. Il tutto seguito da pescare a shore jigging ai dentici durante la giornata. Ecco allora che arrivo tra le scogliere del Monte Argentario, zone dove i fondali arrivano a 62 metri di profondità vicino a riva.
Arrivato sullo spot iniziai a preparare l’attrezzatura. Una canna customizzata da un’oncia e mezza, della lunghezza di sette piedi ed azione extra fast. Mulinello di taglia 5000 con ben trecento yards di treccia da 0.19 millimetri e finale in fluorocarbon da 0.52 mm. Attrezzatura cattiva considerando i pesci che girano in queste stupende zone della Maremma toscana.
Normalmente quando inizio una battuta a spinning ho il vizio di iniziare a top water. Un modo per stimolare ed avvicinare eventuali predatori presenti in zona. In questo caso la scelta ricadde su un Walking The Dog da 12 centimetri. Tra il lusco ed il brusco parte il primo lancio. Nulla. Dopo pochi secondi una mangianza enorme proprio davanti a me, a tiro di canna. Quattro pinne non definite stavano banchettando con sugarelli e leccie stella. Preso alla sprovvista lancio pensando che fossero delfini.
Conoscendo il cetaceo, sapevo che non si sarebbero fatti ingannare dal mio artificiale grazie al loro “sonar”. Ma mi sbagliai. O meglio, mi sbagliai sul pinnuto in caccia. Non era un delfino. Il mio WTD infatti venne sparato in aria da un rostro. Subito dietro per frenesia alimentare un secondo pesce spada attaccò il mio artificiale. Un pesce spada. Un pesce spada a spinning, da riva per giunta. La fortuna volle che quella mattina non fosse un esemplare singolo, ma ben quattro. Il primo pesce spada dopo la “spadata” non attaccò perchè capì che si trattava di qualcosa di anomalo.
La ferrata fu decisa. Tre pompate e poi l’inferno. Partenza a missile verso il largo e direzione verso il fondo. Si inchiodò, tanto che pensai di averlo perso e incagliato. Mi portò via quasi tutta la treccia. Fu così che iniziò un tira e molla estenuante, con recuperi e pompate da parte mia e fughe da parte sua. Destra e sinistra, salti e di nuovo inchiodate e capocciate. Oltre ad aver avuto grande fortuna credo di aver fatto una manovra che mi permise di portare il pesce della vita a riva.
Avendolo preso sulla parte sinistra della bocca, quando fugava verso destra abbassavo la canna, cimino in acqua e archetto aperto. In questo modo lasciavo che il trecciato in bando per non farlo tagliare dal rostro e dalla pelle, sperando di non slamarlo. Ovviamente appena prendeva direzione sinistra recuperavo a tutta birra e riferravo poderosamente .
Dopo un combattimento di circa 15 minuti riuscii a salpare questo pesce spada. Oltre quindici chili di peso. Per l’esattezza 15.600 grammi. Non un pesce enorme, ma da riva una cattura più che eccezionale. Specialmente se poi si tratta di un pesce spada a spinning.
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