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Quante volte vi è capitato di essere al mare a pescare e sentire critiche sul trattenere qualche pesce catturato? Magari non è successo spesso, ma ogni tanto è capitato. A nostro avviso parole decisamente fuori luogo considerando che la diminuzione di pesci nel Mar Mediterraneo non dipende dalla pesca ricreativa. I nostri mari, come d’altronde anche quelli di tutto il mondo, stanno subendo una pressione di pesca che sta diventando insostenibile. I fautori di tutto ciò? Inevitabilmente i pescatori di professione con le reti. Fossero piccole reti ci si potrebbe anche sorvolare sopra, ma così non è.
Il Global Fishing Watch ha realizzato un progetto pubblicato sulla rivista Science Magazine, nel quale viene mostrata la vera e propria situazione della pesca professionistica. Una mappa realizzata con i tracciati GPS dei pescherecci che mostrano i loro movimenti. Non solo, da questa mappa si capisce anche quali sono le zone più battute per la pesca intensiva. Un progetto che è in realtà un vero e proprio allarme alla salvaguardia dei nostri mari e degli stock ittici.
Situazione Italia
Concentrandoci sull’Italia la mappa è decisamente significativa. L’alto Adriatico ha una pressione di pesca che è davvero fortissima, così come la parte della Croazia a nord di Zara. Per il resto la pesca si concentra per lo più in vicinanza della costa, nessuna regione esclusa. Diverso il discorso del Tirreno che essendo un mare molto più profondo, vede la concentrazione della pesca professionale solamente in vicinanza della costa. Sardegna decisamente battuta, così come l’area della Versilia ed il litorale laziale e campano.
Da questa mappa si evince inoltre come i mesi estivi siano quelli in cui l’attività è maggiore. Unica eccezione il Mar Adriatico dal Friuli alle Marche e parte dell’alta Croazia. Più bassa invece l’attività nei primi due mesi dell’anno anche a causa delle condizioni meteo storicamente più proibitive. Per i frequentatori della Liguria balzerà subito all’occhio come sia praticamente assente l’attività di pesca con le reti in Costa Azzurra.
Mappate 37 milioni di ore di pesca
Ma come è stato possibile effettuare questa raccolta di dati? Semplicemente ogni peschereccio è dotato per legge di un sistema di identificazione automatico denominato AIS. Ciò garantisce la possibilità di localizzare l’imbarcazione in tempo reale. In totale le ore di pesca monitorate sono state di ben 37 milioni. Ecco quindi che da questo dato è stato poi possibile capire dove avviene maggiormente l’azione di pesca.
Una pressione maggiore dell’agricoltura
37 Milioni di ore sono un numero davvero alto che può essere anche tradotto diversamente. Ovvero che il 55% dei mari è soggetto a pesca intensiva.
Un dato che secondo la Global Fishing Watch l’impronta ecologica della pesca è il quadruplo di quella dell’agricoltura. Il tutto apportando fornendo solamente l’1,2% dell’apporto di proteine globale.
Cina capofila dello sfruttamento marino
Inevitabilmente tra le cinque nazioni più rappresentate ne troviamo quattro asiatiche. Cina in testa con la metà delle ore registrate, ovvero 17 milioni. Una vera e propria pesca intensiva per le imbarcazioni cinesi. A seguire le vicine Taiwan, Giappone e Corea del Sud. Quinta nazione è invece una europea, ovvero la Spagna, che può “sfruttare” sia il Mar Mediterraneo, sia l’Oceano Atlantico.
Sono però dei dati parziali in quanto i segnali GPS rilevano solo le attività di pesca regolare. I pescherecci impiegati in attività di pesca di frodo, infatti, spengono il sistema di identificazione ed è quindi impossibile registrarne il percorso.
L’importanza dei Big Data per salvare i mari
I dati raccolti grazie all’ausilio del satelliti permetteranno di mettere in campo strategie più mirate per la tutela degli stock ittici . Ne è sicuro David Kroodsma, uno degli autori dello studio: «La pesca intensiva non è un’attività legata alla stagionalità: va avanti in maniera costante tutto l’anno, e questo con pesanti ripercussioni sull’ambiente marino e sugli stock ittici. Questo studio permette di sapere quali sono le aree più sfruttate e, dunque, come pianificare strategie efficaci per la tutela delle zone marine».
Conclusione
In conclusione che potremmo dire. Un lavoro davvero interessante che mette in luce il quadro della situazione. Ligure, Tirreno, Ionio ed Adriatico. I quattro mari italiani che stanno vedendo un calo importante della pescosità. I primi a subire le conseguenza di questa pesca intensiva sono i pescatori ricreativi. E’ ora di cambiare qualcosa. Come è possibile che dopo la stagione estiva sia possibile posizionare le reti nel sottoriva? Perchè non c’è la stessa cura dei mari e delle specie ittiche come avviene in Francia? L’esempio della Costa Azzurra e della Corsica è la soluzione giusta?
Ed ancora, quanto tempo ancora il mare potrà ancora sostenere questa pesca intensiva che è solo destinata ad aumentare?
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