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TEVERE A PONTE MILVIO – UN PARADISO DI BARBI A FEEDER
A due passi dallo stadio Olimpico di Roma e non lontano dal cuore della capitale, c’è un posto che tutti quelli che vogliono insidiare i barbi del Tevere dovrebbero conoscere. Il punto di riferimento per questo itinerario è Ponte Milvio, per i romani già ponte Mollo, il ponte che collega Piazzale Cardinal Consalvi a Piazzale di Ponte Milvio. La prima menzione storica del ponte si ha nel 207 a.C. in occasione del ritorno dei Romani vittoriosi dalla battaglia del Metauro.Tutti ricorderanno poi della battaglia di Saxa Rubra, anche detta di Ponte Milvio proprio perché si svolse nelle campagne circostanti il ponte e vide contrapposti Costantino e Massenzio(in hoc signo vinces …).
Oltre all’indubbio valore storico dell’itinerario siamo di fronte ad uno dei migliori spot da Barbo del Tevere e forse di tutto il centro Italia. Infatti il baffuto ciprinide è la preda maggiormente presente in questo tratto del Biondo Fiume e sarà questa la battaglia che più di tutte interesserà chi vuole cimentarsi nella pesca in questo tratto del fiume Romano, quella coi barbi, presenti con esemplari di tutto rispetto e nei vari ceppi: Italico, Europeo e Tiberino. Tre specie che frequentemente troviamo ibridate tra di loro al punto che spesso non è facile determinare con certezze di quale sottospecie si tratti. Ma queste sono cose che interessano di piu’ agli ittiologi, mentre a noi semplici pescatori è sufficiente testare la forza che sprigionano nelle loro fughe in fondo alla lenza. Discretamente presenti vi sono anche degli esemplari di cavedani e carpe. Inoltre non mancano anche i carassi ed i coloratissimi gardon, sempre pronti a dar battaglia. Infine ho visto personalmente catturare e notizie certe della presenza di discreti siluri proprio in questo tratto di Tevere.
La mia tecnica d’elezione, forse la piu’ redditizia in questo tratto del “Biondo”, è quella della pesca a feeder, vista anche la notevole corrente del fiume che proprio in corrispondenza del Ponte supera un dislivello. Ciò determina una corrente più lenta nel tratto a monte, mentre sarà maggiore nella zona a valle, quella prescelta per la sessione di pesca. Non a caso proprio questa condizione è la preferita dai barbi, pesce abituato ed amante di corrente di questo tipo. Oltre alla tecnica del pasturatore, anche la bolognese è una tipologia di pesca redditizia utilizzando delle lenze pesanti. Il tratto interessante per la pesca infatti e molto ampio e presenta ambienti eterogenei e variazioni di corrente anche abbastanza importanti. Il livello e la portata del fiume qui sono influenzati molto dall’azione della diga di Castel Giubileo, situata a monte di Roma. La sponda orografica che ci interessa è quella sinistra; da piazzale Cardinal Consalvi occorre infatti imboccare la stradina sterrata che si trova a ridosso del ponte, dove inizia il Lungotevere Grande Ammiraglio Thaon di Revel e scendere a valle del ponte. Sul piano dell’accessibilità purtroppo occorre dire che negli ultimi anni non è piu’ possibile scendere con la macchina fino all’argine, a causa delle disastrose piene degli anni passati che hanno divelto il manto stradale. In passato, con un po’ di attenzione, si riusciva a scendere fino all’acqua. Lasciamo il mezzo sul lungotevere di cui sopra (pagamento strisce blu tranne Domenica e feste, informarsi) e teniamoci leggeri con l’attrezzatura portando solo l’indispensabile. Ci aspettano circa 150 – 200 metri con la sacca sulle spalle, ma ne vale la pena, fidatevi. Per il feeder servono canne di potenza heavy da 13 ft, con un casting dichiarato di almeno 110 grammi, accoppiate a mulinelli medio grandi ed affidabili, indicativamente misura 4000 – 5000. In bobina meglio tenersi abbastanza robusti con diametri da 0.24 – 0.25 millimetri, sia per le zavorre, sia per la taglia dei commensali, sia per i vari incagli purtroppo sempre presenti in un fiume.
Generalmente mi avvalgo solo del bigattino in questo tratto di Tevere in quanto non ho mai avuto esigenza di cambiare tipologia di esca visti i risultati conseguiti. Al massimo nei tratti in cui la corrente è leggermente più lenta si può azzardare ad utilizzare un open end per scaricare sia dei cagnotti incollati, che della pastura. Dove però la corrente si fa più sentire è decisamente consigliabile buttarsi sulla scelta del block end con bigattini sfusi. Tornando alla spiegazione dello spot, dopo un po’ che siamo scesi incontriamo lo scivolo per le canoe dei dopolavori ed i circoli sul lungotevere che abbiamo alla nostra sinistra. Da qui in poi comincia la zona buona per la pesca, fino a circa metà strada con il ponte che abbiamo a valle, ponte duca d’Aosta, il ponte davanti allo stadio Olimpico. Generalmente il lembo di terra fra l’argine in cemento ed il fiume è scoperto in condizioni normali di livello, indicativamente fra i 5 ed i 5,30 mt controllando sull’idrometro di Ripetta ( link Autorità di bacino http://www.abtevere.it/node/591 ). E’ proprio in questo punto che posizioneremo la “sedia”. Occorre prestare attenzione alle eventuali variazioni di livello ed evitare di scendere se c’e’ poco spazio, altrimenti il fiume tende ad aumentare di livello. La mattina spesso il livello è un po’ piu’ alto per poi stabilizzarsi in tarda mattinata; nel caso, si può pescare anche da sopra l’argine. La canna in virtù della corrente e delle zavorre importanti che andremo ad impiegare, oltre che al diametro abbastanza sostenuto della lenza madre, andrà posizionata puntata verso l’alto per offrire meno lenza all’azione della corrente. Necessario un picchetto molto lungo (bankstic) oppure un feeder arm se si pesca “ da sopra” dove non è possibile piantare picchetti. Molto utile anche un Butt Rest a bicchierino per poggiare il calcio della canna. Rod rest molto contenitivi, poiché con la corrente ed il vigore dei barbi la mangiata può essere molto vigorosa. Generalmente si ha una improvvisa caduta di tensione della vetta nel momento in cui il pesce rimane allamato, spostandosi ed incontrando il peso del piombo e la resistenza della vetta, “drop back bite”. In questa circostanza un pescatore distratto ed un rod rest poco contenitivo possono far si che un grosso barbo possa facilmente scalzare la canna dal supporto. Diamo spazio ai modelli dalla V molto ampia e che lascino cmq scorrere liberamente il filo. Una volta preparata la postazione e montata la canna si sceglie il feeder in base alla situazione della corrente. Generalmente il peso dei Block End varia dai 60 a 100 grammi, per salire anche a 120 grammi nei casi estremi. Prepariamoci quindi a dover cambiare sovente il peso del feeder durante la giornata se vediamo che lo stesso comincia a scarrocciare troppo. Nell’indisponibilità di Block End Feeder di peso adeguato, tornano molto utili gli “Add Weights” o “Trimm Weights”, i piombi aggiutivi che si applicano ai fori del feeder. Teniamo presente che, pero’, tappando 2 o 4 fori limiteremo la fuoriuscita delle esche (una volta sul fondo la maggior parte delle larve dovra’ cercare di uscire dal feeder ovviamente dai fori sul fondo. E’ anche possibile applicare i classici piombi da gommista (quelli adesivi per i cerchi in lega) all’interno dei block end o sulla piastra di piombo che li zavorra, magari finendo l’incollaggio con del cianocrilato. Pescare con zavorre troppo sostenute non è la strada giusta. Come al solito “la verità “ sta nel mezzo: l’ideale sarebbe un’azione “criticamente bilanciata” ovvero usare il piombo appena sufficiente a star fermi sul fondo, senza pero’ scarrocciare. Ciò ci darà la giusta sensibilità in pesca. La nostra azione sarà ravvicinata, non occorre infatti uscire molto coi lanci. Indicativamente il pesce staziona nei primi 15 -20 metri e difficilmente occorrerà pescare oltre i 25 metri. Superata tale distanza, l’azione della corrente è spesso tale da richiedere così tanta zavorra da rendere quasi impossibile la pesca con le 13 piedi. Vi sono altri posti nel Tevere Romano dove la pesca a centro fiume del barbo toglie spesso le castagne dal fuoco in autunno-inverno per il feeder (pescando magari con la pancia, il bow method, chissà se avremo modo di parlarne), ma non è questo il caso.
Compiuti alcuni lanci per sondare il fondo a varie distanze, cercheremo innanzitutto un punto con fondo regolare e con pochi appigli. Cercando di memorizzare punti di riferimento sulla sponda opposta per mantenere una precisione nei lanci e poter ritrovare eventualmente un punto che ci ha fatto divertire. Lanciando il feeder carico occorre non farlo scarrocciare troppo. Cominciamo con scariche di cagnotti (1 kg -1,2 kg per una mattinata di pesca) già mentre prepariamo il finale, compiendo una sorta di pasturazione iniziale prima di dare il via all’azione di pesca vera e propria. Non occorre esagerare troppo nella pasturazione iniziale in quanto la corrente dopo un po’ trascinerà via quelli che non sono stati mangiati o non hanno magari trovato rifugio nelle asperità del fondo, costituito in parte da ciottoli di varie dimensioni. E’ preferibile un’azione continua, regolando magari il carico e la dimensione dei feeder in base alla stagione ed all’attività dei pesci. Il finale conviene farlo abbastanza lungo, anche da un metro di lunghezza. Ovviamente questa è una mia scelta personale, che però mi ha sempre dato buoni risultati. Per quanto riguarda la dimensione del nylon non bisogna aver paura di arrivare ad utilizzare anche 0.18 o 0.20 millimetri in quanto i barbi di questo tratto non vanno affatto per il sottile. Non è una novità avere mangiate in calata anche in inverno, utilizzando finali generosi. Ecco perché a ciò è correlata la scelta di un amo a foggia e misura appropriata per reggere l’urto di un barbo di grossa taglia che una volta allamato tende a portarsi via senza problemi “saponette” da un etto di peso senza problemi in piena corrente. Sono diverse le scelte di uncini per l’occasione e per citarne alcuni io direi Middy E-003, Kamasan Animal Eyed o Drennan Specialist nelle misure da 14 – 16 in modo da poterci aggiungere due o tre bigattini come esca.
Nella bella stagione, negli ultimi anni, purtroppo c’è tantissima minutaglia (per fortuna dire a significato di quanto sia vivo il fiume). La nostra attrezzatura sarà completata ovviamente dal guadino, che andrà scelto robusto e con palo di almeno 4 metri poiché a volte saremo costretti ad operare dall’alto e con pesci di peso. Inoltre nella bella stagione spesso si forma una fitta coltre di alghe estive nel sottosponda che obbliga il pescatore a guadinare il pesce fuori da questo algame e con teste di dimensione adeguate per contenere grossi barbi e carpe. Nel massimo rispetto per i pesci che popolano questo tratto del fiume mi sento di ricordare a chi voglia recarsi a pesca un materassino di slamatura, che non pesa nulla e serve molto a salvaguardare il pesce. La zona dove pescheremo può causare problemi ai pesci se ci scivolassero di mano magari durante una foto. Non sarebbe una cattiva idea slamarli direttamente in acqua. Non sempre è buona regola usare pasturatori molto grandi, sia perché creano un forte rumore colpendo la superficie dell’acqua, sia per via del carico ingente di esche se riempiti fino all’orlo. Personalmente preferisco utilizzare modelli medio piccoli, evitando di caricare fino all’orlo il pasturatore per facilitare la dispersione del bigattino. Regola ancora più valida se si hanno mangiate in calata, laddove con il pesce allamato finiremmo per disperdere esche a casaccio durante il recupero della preda stessa, vanificando di fatto tutto il lavoro effettuato per radunare i pinnuti a tiro di canna. Potrà capitare che col freddo il bigattino stenti ad uscire dal pasturatore e per ovviare a ciò si può sempre tentare di allargare un po’ i fori con delle forbici, stando ben attenti a non rovinare il pasturatore ed ovviamente a non ferirsi.
Come detto, la mangiata è spesso vigorosa e dovremo prepararci a combattimenti con pesci che non si danno mai per vinti. Facciamo attenzione che non trovino un punto in cui intanarsi, un ostacolo dietro il quale girare (prediligiamo montature fish safe: la migliore è un rig scorrevole reso semifisso dall’uso di un chicco di riso calzato a monte per migliorare l’auto-ferraggio) e soprattutto lasciamoli riposare un istante in acqua una volta nel guadino prima di tirarli fuori per slamarli e per eventuale foto. Dopodiché rimettiamoli subito in acqua, riossigenandoli un attimo se vediamo che stentano a ripartire. Generalmente quando i pesci sono in vena non dovremo aspettare molto prima di avere delle mangiate. In inverno l’azione rallenta molto, ma spesso si hanno solo pesci di taglia. Ragioniamo sui tempi di attesa e sulle eventuali mangiate “in calata”, che spesso scopriremo solo una volta recuperata l’esca dopo una lunga attesa priva di segnali, segno evidente che l’attacco è avvenuto a nostra insaputa nella discesa del feeder verso il fondo. Nei punti dove pescheremo non si ha una profondità elevata ma il pesce probabilmente associa il tonfo del feeder all’arrivo del bigattino. Molto importate, infatti, seguire bene i movimenti del vettino anche durante la discesa del feeder. A volte quando cessano di colpo le mangiate di pesci di media taglia vuol dire che in zona stanno arrivando “i big”.
Come regolamentazione, stando all’attuale regolamento, occorre solo la licenza di pesca. Ricordo che il periodo di frega dei ciprinidi nella provincia di Roma va dal 15 Maggio al 30 Giugno. Se il fiume non fa “i capricci” si puo’ pescare un po’ tutto l’anno, ma i periodi migliori sono l’autunno e l’inizio dell’inverno, se mite. Ricordiamoci eventualmente in estate di mettere nella sacca l’ombrellone, poiché dopo una certa ora in tarda mattinata saremo esposti al sole e prestiamo attenzione al passaggio dei canottieri sia nel lancio che una volta in pesca. Che dire se non in bocca al barbo!
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Per Fishingmania – Francesco Benedetti
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