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LAGO DI LUGANO – UN LAGO SENZA VITA
E’ veramente una bruttissima sensazione quella che si prova da qualche inverno ad oggi a percorrere le strade adiacenti il lato più orientale del Lago di Lugano, tra Osteno e Valsolda, passando per il lungolago di Porlezza. In circa venticinque chilometri di costa non si vede più un pescatore. Ma quello che fa più rabbia è la mancanza più assoluta di pesce. Questo è il panorama che si presenta durante il periodo invernale fra metà novembre a tutto aprile. Poi, con l’arrivo del caldo, le cose cambiano. Ma non più come una volta.
Una volta in pieno inverno questo tratto di lago, al pari di quello italiano più occidentale di Porto Ceresio, era popolato di pescatori, sia di giorno che di notte. Anzi era la notte il periodo di maggiore attività che il Ceresio offriva durante la stagione fredda. Il motivo? Le sue numerose bottatrici. Oggi questo misterioso pesce sembra essersi estinto. Non del tutto fortunatamente, ma il suo numero si è ridotto drasticamente. Con le reti nella zona elvetica se ne cattura solo qualche rarissimo esemplare.
E che dire poi delle grosse alborelle e dei magnifici triotti? Ciprinidi che anche con la neve si facevano catturare in prossimità di qualche fogna o praterie di alghe. Anche queste due specie si sono letteralmente estinte. Probabilmente per sempre, lasciando ampio spazio al rutilo. Il rutilo, o gardon, ha avuto nel periodo appena dopo il 2000 una fortissima esplosione numerica diventando il padrone incontrastato del lago con branchi presenti ovunque e con dimensioni che si avvicinavano anche al chilogrammo. Oggi questa specie la si può pescare solo in rarissime occasioni. E’ più facile trovarla nel periodo estivo, rispetto a quello invernale come accadeva una decina di anni or sono. Tra novembre e febbraio frotte di pescatori arrivavano fin da Milano o Lodi per pescarlo.
E che dire poi dei cavedani. Presenza costante in ogni mese dell’anno e in ogni anfratto della sponda del Lago di Lugano. Anche loro sembrano spariti con l’arrivo dell’inverno. E nemmeno quelle grosse cavedanesse che si lasciavano tentare da un luccicante Filibustiere o da un argenteo Rapala. Ora sono totalmente assenti in vicinanza della riva alla ricerca di qualche pesciolino. L’inverno era poi, a partire dal 15 dicembre, il periodo della pesca alla trota lacustre in barca. Chiunque avesse un’imbarcazione nei tanti porticcioli del lago oppure portata direttamente da casa poteva praticarla.
Di barche che solcano il Lago di Lugano, trainando la cavedanera oppure facendo affondare la molagna, non ce ne sono più, o quanto meno, solo qualche anziano pescatore nostalgico passa ore e ore a tagliare l’acqua con le lenze di superficie o di profondità alla ricerca di quell’ultimo esemplare rimasto, molto più nella memoria che non in acqua.
Le cause di questa lenta morte? Indubbiamente il fattore umano incide notevolmente. Anche se questo tratto di lago è sempre stato bandito alla posa delle rete dei pescatori di professione, durante la massiccia presenza del rutilio l’amministrazione provinciale ha dato il via libera ai professionisti per grandi prelievi di questa specie pensando di salvaguardare la fauna autoctona, ma il disastro era inevitabile. Come si può pensare che un grande lago possa sopravvivere se gli sottraiamo grandissima parte del pesce foraggio di cui si nutrono i predatori.
Fino agli anni novanta, il Ceresio ha sempre offerto grandissime catture proprio per questo equilibrio fra pesce piccolo e grosso. Con l’estinzione dell’alborella e del triotto l’unica via d’uscita per sopravvivere era basata sul gardon che sebbene non sia ben visto dagli ittiologi puristi, era pur sempre una specie in grado di svilupparsi e riprodursi autonomamente offrendo cibo in abbondanza ai pesci predatori.
Anche la presenza di decine e decine di esemplari di cormorano e di svasso hanno contribuito alla depauperazione del lago. E anche in questo caso l’uomo è rimasto a guardare senza porre rimedio lasciando alla natura il suo corso. Il risultato? Dopo anni di stazionamento perenne di squadriglie di cormorani che hanno ingurgitato tonnellate e tonnellate di pesce, anche questi uccelli ittiofagi hanno dovuto abbandonare queste acque che non offrono più l’abbondante cibo di cui hanno goduto per molto tempo.
Tirando le conclusioni si può affermare con quasi sicura certezza che questo tratto di Lago di Lugano, e non solo questo, è destinato alla più assoluta morte ittica a meno di un nuovo miracolo biologico che solo Madre Natura è in grado di effettuare in breve tempo a dispetto delle tante belle parole spese dai nostri amministratori locali sempre in cerca di voti.
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